Uno dei temi più caldi in questi ultimi mesi riguarda il TTIP, acronimo per “Transatlantic Trade and Investment Partnership”. Cerchiamo di esaminarlo più da vicino per capire di cosa si tratta e le relative conseguenze di una sua approvazione.
La relativa disinformazione generale è imputabile principalmente ai media i quali non approfondiscono questo ostico quanto importante argomento, il quale apporterebbe sostanziali trasformazioni verso tutti i settori di produzione e consumo come cibo, energia, farmaci, chimica, ma anche verso diritti connessi all’accesso a servizi essenziali come la scuola, la sanità, l’acqua, previdenza e pensioni, i quali sarebbero tutti esposti a privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte di imprese e gruppi economico-finanziari più attrezzati, e competitivi.
Il “Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti” è infatti un trattato di libero scambio che vede come contraenti l’Unione Europea e gli Stati Uniti, che ha come obiettivo la modifica di regolamentazioni standard (le cosiddette barriere non tariffarie) abbattendo dazi, regolamentazioni e dogane tra Europa e Stati Uniti, con le relative conseguenze di un forte aumento e fluidità di commercio tra questi due paesi.
Uno degli effetti che maggiormente destabilizza prevede l’introduzione di due organismi tecnici fuori dal controllo da parte di Stati e dei relativi cittadini: l’Investor-State Dispute Settlement (ISDS) il quale consentirebbe alle imprese e alle multinazionali straniere di citare gli opposti governi qualora introducessero normative che ledessero i loro interessi; l’altro organismo di cui viene prevista l’introduzione è il Regulatory Cooperation Council: un organo dove esperti nominati della Commissione UE e del ministero USA valuterebbero l’impatto commerciale di ogni marchio, regola, etichetta, contratto di lavoro o standard di sicurezza operativi a livello nazionale, federale o europeo. I margini di discrezionalità che ciò comporterebbe sono altissimi.
Il pericolo maggiore infatti sta proprio nelle differenze che fortunatamente permangono tra USA e UE e una relativa amalgamazione tra essi comporterebbe effetti disastrosi: gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali ILO e ONU in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Questo rende il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo.
L’Europa è da sempre un territorio con relativi marchi e alti standard di qualità: la regolamentazione sotto tutti questi aspetti è infatti molto severa. Si cerca inoltre di seguire le linee guida date da importanti agenzie, ONG ed istituzioni internazionali (tra cui FAO, UNCTAD, ONU) che richiamano l’attenzione sul fatto che rafforzare i mercati locali, con programmazioni territoriali e regionali più attente basate sulla valorizzazione delle risorse disponibili comporti un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei produttori agricoli, attraverso l’autodeterminazione alimentare delle comunità e la tutela del territorio e dell’ambiente, promuovendo in oltre un’agricoltura che preservi la biodiversità, rispetti i cicli naturali e riduca la dipendenza iniqua dei produttori dal mercato.
Per maggiori informazioni: https://stop-ttip-italia.net/
Andrea Timò
Volontario Deafal ONG