Per capire l’entità delle agroforeste in Italia, Deafal ha condotto un’indagine delle realtà esistenti per comprenderne le caratteristiche, l’impatto ecologico e sociale e le tante peculiarità. Questa serie di interviste nasce dalla volontà di raccontare alcuni dei progetti incontrati, come sono nati, cosa li caratterizza e il loro rapporto con il territorio e le persone che li circondano.
CAMILA ARZA project manager di REGENERATING VILLA FORTUNA è la protagonista della seguente intervista.
Introduzione al progetto agroforestale di VILLA FORTUNA
Il progetto è iniziato nel 2020 quando abbiamo deciso di convertire un campo di tre ettari e mezzo dell’Azienda Agricola Villa Fortuna, di proprietà della Fondazione Capellino. Questo terreno per tanti anni era stato usato come campo agricolo convenzionale.
Dopo aver avviato dei workshop con Ernest Goetsch, creatore, padre e fondatore dell’agricoltura sintropica, abbiamo suddiviso questo campo con due filari di alberi e arbusti forestali per iniziare a farlo colonizzare e per capire com’era la situazione del suolo.
Abbiamo proseguito nel 2021 con l’Università degli Studi di Milano progettando, a scopo sperimentale e di ricerca, un’agroforesta sintropica con focus sulla produzione di frutta, erbe officinali e con interfile dedicate ai semi nativi. Il campo è stato così suddiviso in 15 plot sperimentali a loro volta suddivisi in 5 plot per focus: melo, pero, ciliegio con le proprie consociazioni e inserendo poi le erbe officinali.
Qual è stata l’esigenza che ha portato alla scelta di implementare il sistema agroforestale rispetto ad altre tipologie?
Siamo andati alla ricerca di una soluzione che fosse l’opposto della monocultura. La ricerca e gli studi dimostrano chiaramente che le monoculture stanno portando all’impoverimento del suolo e della biodiversità, quindi volevamo un impianto che potesse accogliere il massimo di biodiversità possibile. Soprattutto l’agricoltura sintropica, che parte da piante erbacee piccole e occupando il massimo possibile di densità, risultava interessante per cercare di trovare modelli che fossero più sostenibili e più in sintonia con la missione della Fondazione, cioè la salvaguardia della biodiversità. Per questo abbiamo deciso di sperimentare l’agroforestazione.
Ci sono stati in corso d’opera cambiamenti o modifiche al progetto iniziale?
Quando si lavora con la natura e quando si fanno delle cose abbastanza nuove e uniche bisogna sempre correggere gli errori strada facendo, imparare e capire come migliorare piano piano. Ad esempio, nella gestione dell’interfila alterniamo i momenti di trinciatura ai momenti di pulizia, cercando di lasciare le fioriture per gli impollinatori e gli altri insetti e riducendo i trattamenti quasi a zero per essere sempre meno dipendenti da input esterni. Alcune cose sono state adattate soprattutto grazie all’osservazione delle piante e del modo in cui si comportano nel territorio.
Attualmente il sistema agroforestale copre l’intero sistema produttivo oppure solo una parte?
Abbiamo dedicato tre ettari e mezzo di sistema agroforestale mentre nel resto dell’estensione ci sono seminative e erbe officinali. Più che ampliare l’estensione dell’agroforesta esistente prevediamo di aumentare la densità e aggiungere sempre più piante produttive al suo interno. Abbiamo impiantato una piccola vigna all’interno dell’agroforesta e abbiamo fatto una semina di un miscuglio sperimentale di mais dolce, girasole, lino e trifoglio.
quali ulteriori specie PENSATE DI implementare in futuro?
Nell’ambito della frutta, opterei per delle varietà di mela autoctone della regione Piemonte o altre varietà di melo. Per la vigna abbiamo scelto la varietà Soreli, che è un vitigno resistente Piwi, perché richiede meno trattamenti di una vigna normale, ma soprattutto per sperimentare come si comporterà la vigna tra alberi di diverso tipo. Come erbe officinali adesso ci sono timo, rosmarino ed echinacea e andremo a impiantare aneto, geranio, tanaceto, lavanda, ortica, malva, melissa, origano, menta, ricino e la consolida, che abbiamo già piantato vicino agli alberi in quanto le radici, avendo potere fittonante, aiutano nell’infiltrazione dell’acqua.
A livello produttivo l’agroforesta vi permette già di avere un sostegno economico?
Nei primi anni lo scopo non è creare reddito per sostenersi ma produrre conoscenza, però essendo un’azienda agricola sicuramente in futuro creerà un reddito diretto dalla produzione che farà parte del modello economico della reintegration economy che applichiamo in ogni processo che genera profitto.
Quali sono i punti di forza e i punti critici che hai potuto osservare nel sistema agroforestale, sia per quanto riguarda l’aspetto produttivo che quello sociale o istituzionale?
L’aspetto più rilevante penso sia legato all’acqua, in particolare all’infiltrazione dell’acqua nel suolo. Soprattutto nelle zone collinari stiamo perdendo tanto suolo a causa dell’erosione e l’agroforestazione è uno strumento molto efficace per riuscire a trattenere l’acqua nei nostri campi. Penso che questo sia in assoluto il punto di forza principale dell’agroforestazione. Un’altro punto di forza è sicuramente l’aspetto paesaggistico. Ormai i paesaggi sono monotoni, tutti uguali. La bellezza che questa agroforesta sta portando nel nostro territorio è unica. Inoltre avere un campo in cui convivono tante specie permette di preservare e salvaguardare la biodiversità.
D’altro canto, all’inizio la gestione sia manuale che meccanica e le manutenzioni varie sono i punti deboli che richiedono una certa attenzione.
Riguardo agli aspetti sociali, nello specifico della nostra realtà ovvero un’azienda finanziata da una fondazione, siamo stati facilitati nel dare lavoro ad alcune persone anche con continuità. C’è un ragazzo della Nigeria che lavora con noi da diverso tempo e negli ultimi anni abbiamo anche collaborato con un’associazione di Alessandria tramite cui sono venuti altri ragazzi italiani e stranieri a fare il tirocinio. Questo ci ha permesso di insegnare nuove professioni a molti ragazzi giovani.
L’aspetto della formazione e dell’educazione si estende anche ai bambini che in diverse occasioni vengono a conoscerci con i genitori e a piantare con noi. Collaboriamo anche con le università che portano gli studenti a vedere i sistemi agroforestali oppure realizzano tesi di laurea.
Ascoltando i punti di forza che ci hai elencato si nota subito una correlazione con i servizi ecosistemici ed ecologici. Puoi approfondire in che modo l’agroforesta concorre a fornire le funzioni come quella idrogeologica e naturalistica?
Sicuramente non è solo l’agroforesta, ma un po’ tutta la gestione complessiva che include anche il corridoio ecologico che abbiamo impiantato. In tutti questi sistemi la produzione di servizi ecosistemici è immediata, come per esempio nella gestione dell’acqua. Quando un suolo dove prima non c’era niente inizia piano piano a essere colonizzato dagli alberi, le radici funzionano come una pompa e si riattivano tutta una serie di processi. Indubbiamente la fertilità del suolo e la creazione di habitat sono prove evidenti e tangibili dell’effetto dei sistemi agroforestali.
Avete fatto un ragionamento sui possibili pagamenti per i servizi ecosistemici?
No, non abbiamo ancora affrontato questo tema perché lo scopo non è ricavare un beneficio economico dal fatto che l’agroforesta produce servizi ecosistemici. Penso che le aziende agricole dovrebbero essere stimolate a produrre servizi ecosistemici indipendentemente dai pagamenti, dal più semplice mantenimento delle siepi lungo gli argini al riprendere a mantenere i suoli coperti. Bisogna proprio cambiare il pensiero delle persone perché non è più una questione dove io produco servizi ecosistemici, quindi sto facendo un favore e devo essere remunerato per questo. Bisogna non avere paura della fotosintesi e di tutti i benefici gratuiti che questa ci dà.
qual è secondo te l’impatto e anche l’accoglienza che questo progetto agroforestale ha avuto e ha sul territorio a livello di istituzioni, amministrazione comunale, aziende vicine?
C’è tanta curiosità da parte delle persone e delle istituzioni. Alcuni Comuni ci hanno dato l’opportunità di andare a parlare durante degli eventi a tema ambientale che hanno organizzato. Penso che avere all’interno del proprio territorio un’azienda agricola che ha come obiettivo la salvaguardia concreta della biodiversità e dove è possibile vedere con i propri occhi come si può fare sia molto importante.
Rispetto agli agricoltori c’è un po’ di curiosità da parte dei giovani del territorio con cui scambiamo tante esperienze e conoscenze. Più difficile con le generazioni precedenti, non c’è molto interesse e nemmeno tanto rispetto per quello che facciamo perché hanno una mentalità contraria a questo tipo di cambiamento in agricoltura.
Voi siete un’azienda agricola sperimentale che si occupa anche di divulgazione e progetti di ricerca. Che tipo di collaborazione e che benefici dà essere in questo ambito? quali scambi ci possono essere, quali supporti?
Soprattutto quando fai delle cose che non sono consolidate, ma sperimentali è molto importante poter raccogliere informazioni, studiare, vedere i progetti di ricerca, conoscere e anche dare il proprio contributo. Divulgare tutto quello che facciamo è uno dei nostri obiettivi principali, per questo teniamo aggiornato il sito della Fondazione Capellino, nella pagina del progetto, dove c’è anche un link per leggere tutto il resoconto della parte di ricerca. Penso sia molto positivo che le aziende agricole vengano viste anche come luoghi, modelli, fattorie didattiche dove sperimentare e mettersi in relazione. Siamo in contatto anche con Euraf che è un ente europeo e collabora a progetti anche molto più grandi.
Avete anche delle reti più locali di supporto o di confronto?
Nel tempo abbiamo creato una rete di scambio tra noi e amici agricoltori, ma nella provincia di Alessandria non ci sono molti altri progetti simili con cui creare una vera e propria rete locale.
Se dovessi ripensare a questi anni, dal 2020 in poi, qual è la caratteristica che rappresenta e identifica maggiormente il vostro progetto agroforestale?
È sicuramente quella di essere aperti e al servizio della ricerca e della conoscenza. Mi farebbe molto piacere vedere gli studenti dell’università venire a monitorare l’agroforesta, fare sempre più approfondimento. Anche noi umani siamo attori degli ecosistemi e possiamo decidere come farne parte, senza coinvolgere più persone in questa visione non ha alcun senso.
Ringraziamo Camila per la sua disponibilità e per aver condiviso la sua esperienza e i dettagli di questo straordinario progetto agroforestale. Auguriamo al progetto agroforestale di Villa Fortuna un futuro di successo e ispirazione per molte altre iniziative simili.
Intervista realizzata nell’ambito del progetto AGES_AGroforesta Ecologica e Sociale
AGES – Agroforesta Ecologica e Sociale – codice progetto 2022-2018_AMB_2 – progetto sostenuto con i fondi Otto per Mille dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, con il coordinamento della cooperativa sociale Qualcosa di Diverso, che gestisce l’azienda agricola XFarm agricoltura Prossima.